| Suor Chiara Bottazzi |
Suor Chiara racconta l’esperienza vissuta nella calorosa terra peruana, in cui ha trascorso alcuni mesi del suo anno sabbatico.
Mancano pochi giorni dalla partenza per l’Italia e mi rendo conto di come il tempo qui in Perù sia volato!
La mia esperienza in terra di missione, durata pochi mesi, è stata breve, ma molto ricca di umanità, di relazioni, di incontri e scoperte. La maggior parte del tempo sono rimasta a Querocoto, insieme a suor Clorinda, suor Barbara, e suor Tiziana; ma non è mancato il tempo per conoscere le comunità di Candelaria e Chiclayo, con le rispettive Sorelle che lì vivono e si spendono senza sosta, condividendo con tutte loro momenti molto belli e semplici di fraternità.
Non è facile comunicare a parole un mondo tanto diverso da quello da cui provengo, perché la natura, i volti, gli odori, lo stile, le abitudini, i gesti, il clima, il cibo, e tanto altro non si possono esprimere solo attraverso il linguaggio.
Utilizzo due parole che mi sembrano raccogliere bene quanto di più importante mi porto a casa. La prima parola è MANI: mani che lavorano senza sosta, offrono con tanta generosità, ti stringono per salutarti e accoglierti, ti benedicono. La seconda parola è FAMIGLIA, perché in tutto questo tempo mi sono sempre sentita a casa, membro di una Famiglia più allargata e molto accogliente, formata dalle Suore con cui ho condiviso questi mesi e dalle persone che ho incontrato e che mi hanno accolto come se fossi stata da sempre una di loro.
Un’immagine che in questo periodo mi è tornata spesso alla mente è quella dei “poveri di Yahwè”, gli “ANAWIN”, i cosiddetti “curvi”, piegati dalla vita, dal lavoro continuo e pesante, ma soprattutto curvi nell’atteggiamento umile di chi si sente piccolo e povero davanti a Dio, a cui si affida totalmente e in cui crede con la purezza e la semplicità di un bambino. È stato un privilegio conoscere e far parte, anche se per poco tempo, di questa terra “sacra”, perché scelta e benedetta in modo speciale da Dio, che si rende presente nella storia dell’umanità. Desidero fare tesoro di tutto ciò che di buono e bello ho gustato, perché diventi motivo di apertura e di crescita una volta tornata in Italia: tutto ciò che ci tocca difficilmente scompare, perché ci lascia un’impronta che diventa una parte di noi. Un grazie speciale a tutti i bambini con cui ho giocato e alle ragazze che ad inizio gennaio hanno partecipato alla settimana di convivenza: i loro occhi profondi, il loro sorriso accogliente, la loro voglia di stare insieme, la loro vivacità e semplicità mi hanno fatto gustare quanto sia bello vivere con Dio e con i fratelli!
Un ultimo, grandissimo grazie a tutte le Sorelle che ho conosciuto e con cui ho condiviso questa bellissima esperienza; il Signore continui a benedire la loro missione e il loro donarsi con gioia e passione.