Che cosa ci consegna San Luigi Maria Palazzolo in questo primo anniversario della sua canonizzazione?

NON ABBIATE PAURA: SPALANCATE IL VOSTRO CUORE ALL’AMORE DI DIO
Nell’omelia della Celebrazione eucaristica per la canonizzazione, Papa Francesco ha detto che è bello constatare come, con la loro testimonianza evangelica, i Santi hanno favorito la crescita spirituale e sociale dei rispettivi paesi e anche dell’intera famiglia umana. In che modo? Percorrendo le orme di Gesù. Sui passi di Gesù, San Luigi Maria Palazzolo e i Santi canonizzati con lui si sono lasciati trasfigurare dalla potenza dell’amore di Dio. Hanno manifestato nella quotidianità, “tra le pentole della cucina” direbbe santa Teresa, nei travagli della vita concreta, la potenza dell’amore che si manifesta nel dare la vita per gli uomini. Perché il vero potere è potere di fratellanza, è potere di carità, è potere di umiltà; il vero potere è capacità di ispirare soluzioni praticabili di prossimità.
Nell’accoglienza della potenza salvatrice di Cristo sta la vera libertà, che è fedeltà al primato di Dio sull’io, dello Spirito sulla carne, della grazia sulle opere.

VI HO DATO L’ESEMPIO PERCHÉ, COME HO FATTO IO, FACCIATE ANCHE VOI
In quale modo San Luigi Maria Palazzolo ha vissuto il primato di Dio?
Lo ha fatto facendo proprie le parole di Gesù: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti» (Mc 9,30-37); lo ha fatto servendo Gesù nei piccoli e nei più fragili, senza anteporre i propri interessi. Don Luigi non si è lasciato contagiare dal virus dell’avidità, della competizione e della gelosia e nemmeno si è lasciato corrodere dal tarlo, oggi insidiosissimo, dell’autoreferenzialità. Ha condiviso i doni che Dio gli ha donato, senza clamore, senza attendersi nulla in cambio. Lasciamoci raggiungere dall’invito di Gesù a seguirlo, lasciando libero campo allo Spirito Santo di far risuonare nella nostra anima la chiamata a una santità unica, irripetibile, originale, in armonia con il comando di Gesù: «Vi ho dato l’esempio perché come ho fatto io facciate anche voi».
Fare quello che ha fatto Lui, con Lui e come Lui, è un programma decisamente controcorrente in ogni tempo, ma soprattutto oggi, in un ambiente governato dalla mentalità mondana, per la quale è intollerabile sentirsi dire: “Vuoi essere il primo? Mettiti in coda. Vuoi essere grande? Scegli di essere l’ultimo. Vuoi essere importante? Scegli di servire”.
San Luigi Maria Palazzolo ci ricorda l’importanza di riscoprire la dimensione del servizio, logorata dall’uso più declamatorio che reale. E per riscoprirla occorre, nelle varie stagioni della nostra vita, chiedere con insistenza a Gesù che imprima nel nostro cuore i suoi sentimenti, che doni ai nostri occhi la lucidità di riconoscere con immediatezza che il valore di una persona non dipende dal ruolo che ricopre, dal successo che ha, dal lavoro che svolge, dai soldi che tiene in banca. Occorre chiedere che rafforzi le nostre mani, perché siano pronte a sostenere chi è più fragile.

ALLA SCUOLA DEL CROCIFISSO

Alla scuola del Crocifisso don Luigi Maria Palazzolo sperimenta una intensa commozione: “Il pensiero che più mi fece impressione in questi giorni fu l’amore che ha Gesù per l’uomo … la sua dolorosa passione per me è una grande lezione, che il mio buon Gesù mi dia la grazia… di imitarlo. Quando io penso quanto mi amò e che fece per me, cosa io potrò negargli? (T.G. 21-9-1874, Lettera 62). Contemplando Gesù in Croce, don Luigi si sintonizza con la scala dei valori di Dio e matura il suo orientamento di vita, che mons. Castelletti, prevosto di questa nostra parrocchia, sintetizza così nella biografia: “Io cerco e raccolgo il rifiuto di tutti gli altri, perché dove altri provvede, lo fa assai meglio di quello che io potrei fare, ma dove altri non può giungere, cerco di fare qualcosa io, così come posso” (Castelletti “Biografia”, p. 73). Con la forza del vento dello Spirito, don Luigi trasforma poi la sua vita e la sua opera, in casa della misericordia: “Non parole vane, tenere espressioni, gentilezze superflue ma pane, vino, fuoco, ricovero, giusti consigli, aiuti opportuni” (Dall’Epistolario p. 1173).
La fedeltà al Signore non percorre il sentiero di una presunta o sognata disponibilità a servire, ma quello della effettiva e praticata disponibilità. Sentiero duro perché segnato dalla croce. Sentiero che è criterio di misura della grandezza di una persona agli occhi di Dio. Don Luigi si descrive così in una lettera al sindaco di Torre Boldone: “Io sono un povero prete che accolgo orfanelli abbandonati ai quali mancano o requisiti o persone che si prestano perché siano ricoverati in altre istituzioni, e li tengo come figli…” (Epistolario Lettera 835).
Gli scartati per lui non sono spazzatura da smaltire; per lui sono figli da amare, persone da tenere come figli.

LA LAVANDA DEI PIEDI: SACRAMENTO DEL SERVIZIO
Nell’ultima cena l’evangelista Giovanni non riferisce l’istituzione dell’Eucarestia, ma racconta la lavanda dei piedi, che si conclude con una domanda: “Avete capito quello che vi ho fatto? Se io, il Signore e il maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi l’un l’altro”.
È il sacramento del servizio, il titolo più significativo della sua vita. “Voi” disse “mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene”. Ma per evitare malintesi, mostra in concreto che cosa significhi “prendere il catino e l’asciugatoio, chinarsi, lavare piedi”. La consegna di Gesù, che don Luigi ha saputo vivere, oggi è affidata a noi.
A noi, alle nostre mani e ai nostri cuori è affidata – direbbe Madeleine Delbrêl – la reliquia del catino e dell’asciugatoio. «Se dovessi scegliere una reliquia della tua Passione – scrive Madeleine Delbrêl – prenderei proprio quel catino colmo d’acqua sporca. Girerei il mondo con quel recipiente, ad ogni piede cingermi l’asciugatoio e curvarmi giù in basso, non alzando mai la testa oltre il polpaccio per non distinguere i nemici dagli amici, e lavare i piedi del vagabondo, dell’ateo, del drogato, del carcerato, dell’omicida, di chi non mi saluta più, di quel compagno per cui non prego. In silenzio… finché tutti abbiano capito, nel mio, il Tuo amore». Amen.