Sara Modora

La giustizia è equità, quindi si realizza quando si garantiscono pari opportunità a tutti. Nello specifico contesto della Casa Rifugio in cui svolgo il mio lavoro quotidiano, “giustizia” significa riconoscere le differenze e i diversi punti di partenza, che sono all’origine di iniquità dovute a povertà culturali e socioeconomiche e che sono la conseguenza di un potere, esercitato da chi è forte sul debole, sulle donne, sulle madri, sui bambini e sulle bambine, radicato da tempo. Tenere a mente il concetto di giustizia significa guardare ogni giorno l’altro, ricordarmi chi è, qual è la sua vita, porlo nella condizione di stare bene e di migliorare la propria condizione.

In Casa Rifugio, la giustizia consiste nel garantire che la violenza subita da donne, bambini e bambine sia riconosciuta e nominata, e che chi l’ha perpetrata sia considerato l’unico responsabile. Ogni donna accolta può ripartire e camminare verso il futuro con maggiore forza se le viene riconosciuto il torto subito. Per questo motivo, rendere giustizia significa vivere in una casa abitata da persone che credono in te e sono al tuo fianco, perché tu non debba più subire, ma camminare a testa alta.

Rendere giustizia significa anche sollecitare la società a un’assunzione di responsabilità collettiva e a considerare il mondo come un insieme di disuguaglianze che non sono una questione di fortuna o sfortuna, di merito o demerito, ma un modo di concepire la condizione e la posizione che l’essere umano occupa nella propria vita. Siamo tutti chiamati a fare la nostra parte nei confronti di chi si trova dalla parte sbagliata, perché vittima di soprusi, sfruttamento e violenze fisiche, psicologiche ed economiche.

Non possiamo cambiare il mondo, ma possiamo impegnarci a essere vigili nel nostro lavoro e a portare la voce di chi non ha voce presso le istituzioni con cui collaboriamo. Nel quotidiano dobbiamo essere pronti a dialogare, ad aprire spazi di confronto e di riflessione per mettere al centro un senso di giustizia per tutte, opponendoci e rifiutando la logica del più forte che tende a dominare e a controllare l’altro. Le violenze perpetrate dentro e fuori dalla famiglia sono la conseguenza di una società strutturata sull’ingiustizia, sulla disparità, sulla mancanza di rispetto, sul bisogno di distruzione e annientamento dell’altro. Le donne che vivono nella Casa Rifugio rischiano di essere annientate ogni giorno dai tentativi di sabotaggio della loro credibilità, non solo da parte dell’uomo che ha agito violenza, ma anche nelle aule dei tribunali, attraverso azioni mirate che non rappresentano un aiuto, ma una sorta di percorso ad ostacoli.

In Casa Rifugio chi ha subito violenza e ingiustizia si sente al sicuro, attraverso la certezza che c’è un punto fermo, una casa pronta ad accogliere, abitata da persone che, con i gesti e le parole, infondono quella speranza fatta della cura di chi non smette di sognare.