Davide Pedercini

Lavoro da oltre dieci anni presso la Casa San Giuseppe di Brescia, la “Casa di accoglienza” che ospita uomini adulti con problematiche legate principalmente alla dipendenza da sostanze stupefacenti e alcol. Dal 2014, il servizio è gestito dalla cooperativa CON-TATTO SERVIZI, che, insieme all’Istituto Palazzolo, prosegue la missione che San Luigi Palazzolo ha indicato, provando ogni giorno a vivere il suo carisma. Dei nostri 25 posti letto, una parte è riservata alle misure alternative al carcere, le cui richieste sono tantissime. I detenuti ci conoscono come “dalle suore si sta bene” o “vai da Davide che ti aiuta a trovare un lavoro”. Non possiamo accogliere tutti e tocca a me, insieme alle mie colleghe, il compito più difficile: scegliere chi accogliere subito, chi far aspettare e chi non poter accogliere. Queste decisioni richiedono un grande senso di responsabilità e di giustizia. Per un detenuto tossicodipendente, la giustizia consiste nel diritto di usufruire di una misura alternativa di cura che gli permetta di affrontare la propria dipendenza patologica con un percorso terapeutico riabilitativo. Quello che cerchiamo di trasmettere ai nostri ospiti è che l’uscita dal carcere in misura alternativa non è solo un diritto, ma la possibilità di intraprendere un cambiamento e di iniziare a tracciare la strada per raggiungere obiettivi senza dover necessariamente attendere il fine pena all’interno del carcere. Per questo motivo, non condivido che un ospite si lamenti con i magistrati perché non gli hanno concesso un determinato permesso e gli faccio notare che chi è ancora in carcere non ha nemmeno la possibilità di attenderne una.

In questi anni ho conosciuto diverse persone che, al loro arrivo a Casa San Giuseppe, avevano trascorso metà della loro vita in carcere. In questo caso il senso di giustizia e di responsabilità consiste nel provare ad accompagnarli verso un’altra vita. Non è semplice perché spesso constato che vengono commesse ingiustizie. Penso, per esempio, a quando un detenuto viene scarcerato dopo appena due giorni di terapia psicofarmacologica e noi operatori dobbiamo fare i salti mortali per trovare il medico che prescriva determinati farmaci. In questo caso, il diritto alle cure non viene rispettato. Non neghiamo loro che il senso di giustizia a volte vacilli, ma li invitiamo ad avere comunque fiducia di noi e che insieme proveremo a risolvere una determinata complessità.

Quando un ospite viola le prescrizioni del Tribunale di sorveglianza, perché non rispetta gli orari di rientro o perché è ricaduto nell’uso di sostanze stupefacenti o alcoliche, noi operatori abbiamo l’obbligo di avvisare le autorità preposte alla sorveglianza. Sappiamo che la conseguenza potrebbe essere il rientro in carcere. Talvolta è l’équipe educativa a prendere la decisione di revocare la disponibilità all’accoglienza, quando l’azione commessa è troppo grave o quando è stata ripetuta nel tempo nonostante i vari richiami.

Siamo consapevoli delle fragilità dei nostri ospiti, ma non possiamo sostituirci a loro. Forse Casa San Giuseppe non è il contesto più adatto per determinate tipologie di dipendenze, perché troppo aperto. Nei momenti molto dolorosi in cui vediamo arrivare le Forze dell’Ordine e riportare in carcere un nostro ospite, quello che dico sempre è che comunque abbiamo rispettato il senso di giustizia. Abbiamo rispettato soprattutto le fatiche e la motivazione di chi è in misura alternativa e rispetta sempre le prescrizioni, di chi ogni giorno sceglie di cambiare vita, ma anche di chi si trova ancora in carcere e già da lì si sta mettendo in discussione per avviare un percorso di cambiamento, nell’attesa forse di poter uscire anche prima del fine pena.

Credo fortemente in questo senso di giustizia che ci porta a prendere delle decisioni importanti per la vita delle persone. Spesso rileggo le parole che il biografo Castelletti ha scritto su San Luigi Palazzolo: “Quanto è pieno di pietà per i poveri tribolati di qualsiasi maniera, altrettanto è pieno di vigore contro quelli che possono togliere la pace e l’ordine nella sua famiglia”.

A Casa San Giuseppe cerchiamo quindi di dare un senso di giustizia partendo dall’azione più semplice che San Luigi ci chiede e ci ricorda sempre: il fare Casa.